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![]() MIGRAZIONI INTERNE Spostamenti territoriali della popolazione che implicano un trasferimento di residenza tra aree amministrative diverse all'interno di uno stesso stato. Fenomeno fisiologico, diventano generalmente oggetto di attenzione solo quando raggiungono livelli quantitativi ritenuti troppo contenuti o, molto più frequentemente, troppo elevati. Soprattutto in quest'ultimo caso, tuttavia, ciò che generalmente preoccupa non è tanto il volume degli spostamenti, quanto la loro natura squilibrata, ovvero la tendenza della popolazione a abbandonare certe aree (dette di esodo, di deflusso, di abbandono, di repulsione ecc.) e a concentrarsi invece in altre aree (di afflusso, di attrazione ecc.). Casi tipici tra loro collegati sono lo spopolamento rurale, le migrazioni urbane e l'abbandono delle aree montane (più salubri e più facilmente difendibili, e quindi preferite per gli insediamenti del Medioevo) in favore di aree in pianura e sulle coste, più facilmente accessibili. In questo senso va anche letta l'attrattività migratoria esercitata dalle aree a più forte sviluppo economico, tipicamente le aree più industrializzate. In Italia le migrazioni interne, divenute rilevanti soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, hanno evidenziato tutti gli aspetti tipici sopra indicati, raggiungendo un massimo a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, con punte di oltre due milioni di trasferimenti comunali di residenza all'anno, e con direzione prevalente verso il nordovest del paese (il cosiddetto "triangolo industriale") e verso Roma. In seguito l'intensità dei movimenti migratori è diminuita e, soprattutto, essi hanno assunto un carattere di maggior circolarità (contrapposta alla polarizzazione precedente), in virtù del quale hanno conosciuto afflussi migratori anche aree in precedenza considerate periferiche (cioè solo sfiorate dallo sviluppo socioeconomico del paese) o addirittura marginali (del tutto escluse da tale sviluppo). Le migrazioni interne, come del resto le migrazioni internazionali, sono determinate soprattutto da squilibri del mercato del lavoro e dalla speranza, più o meno fondata, di trovare altrove un'occupazione più redditizia. Per questa ragione rispondono solo marginalmente a interventi di tipo politico volti a vietarle (come si verifica talvolta nei regimi autoritari, e come è avvenuto in Italia sotto il fascismo), o, meno drasticamente, a contenerle e reindirizzarle. G. De Santis ![]() A. Golini, Distribuzione della popolazione, migrazioni interne e urbanizzazione in Italia, Istituto di Demografia, Roma 1974; A. Bonaguidi (a c. di), Migrazioni e demografia regionale in Italia, Angeli, Milano 1985. |
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